Skip to content Skip to footer

Tradizione

San Paolino: il vescovo di Nola

Ponzio Meropio Anicio Paolino nasce a Bordeaux nel 354 d.C. da una nobile e ricchissima famiglia senatoriale romana. Paolino fu allevato ed istruito dal poeta Decio Magno Ausonio il quale lo educò alla severità degli studi ed in special modo alla poesia per la quale il giovane Paolino ebbe grande predilezione, superando perfino il maestro.

Nel 377 d.C., con la morte del padre, Paolino eredita la dignità di Senatore e una considerevole parte di beni, tanto che l’anno dopo, a soli ventiquattro anni diventa Console della Campania scegliendo come sede consolare Nola. Nel 380 è nominato Prefetto di Roma.

Nel 389 d.C. sposa Terasia che l’anno dopo partorisce un bambino, chiamato Celso, ma questi morì dopo appena otto giorni. Così, nel 393 d.C. Paolino abbandona la vita mondana abbracciando la vita monastica.

Nel 395 ritorna a Nola unitamente alla sua consorte e si ritira presso la tomba di Felice prete, detto “in pincis”. Qui compone i “carmi natalizi” in onore del miracoloso Santo.

Nel 409 d.C. Alarico entra in Roma e la saccheggia. Stessa sorte tocca a molte città della Campania tra cui Nola, che fu completamente devastata e molti cittadini furono fatti prigionieri. Il vescovo Paolino vendette tutto, anche la croce episcopale per riscattare i suoi concittadini.

A questo punto si inserisce il racconto di Papa Gregorio Magno da cui, secondo tradizione, trarrebbe origine la “Festa dei Gigli”.

La leggenda di San Paolino e dei fiori dei nolani

Tradizionalmente la festa dei gigli trae origine da un racconto che gli stessi Nolani si tramandavano e trascritto, in seguito, da Papa Gregorio Magno un secolo dopo l’accadimento dei fatti.

Dopo la presa di Roma da parte dei Vandali, anche la città di Nola fu saccheggiata e molti dei suoi abitanti fatti prigionieri e deportati in Africa. Il vescovo di Nola Paolino riscatto con i suoi averi numerosi prigionieri, una volta terminati i suoi averi, non avendo più denaro per riscattare il figlio di una vedova offrì se stesso.

Anni dopo essere divenuto il giardiniere del re dei Vandali, il vescono Paolino, predisse l’imminente fine del re che liberò lui e la sua gente.

Al ritorno in patria il popolo di Nola accolse la sua gente con dei gigli (fiori), dando il via ad una tradizione che si ripete ogni anno, anche dopo la morte del Santo Vescovo avvenuta nel 22 giugno dell’anno 431 d.C.

Tuttavia, studiosi moderni sono portati a considerare la “festa” come l’assorbimento da parte del “cristianesimo” di un rito pagano, secondo il quale grandi alberi sacrali, probabilmente simboli di fertilità, venivano portati in processione per buono auspicio nel periodo del solstizio d’estate.

Fonti storiche della festa dei Gigli

Le prime fonti storiche precise sulla festa risalgono al 1500, grazie allo storico nolano Ambrogio Leone. Egli ci parla del “cereo” descrivendolo come una “grandissima torcia a guisa di colonna accesa e adorna di spighe di grano”, realizzato col denaro dei contadini e degli artigiani e portato in spalla durante la processione del Santo. Questa processione si svolgeva per le strade della città e ogni arte o professione vi prendeva parte realizzando il proprio cereo; subito dietro venivano i monaci ed i sacerdoti chierici, per ultimo il vescovo con le reliquie della Croce e del Santo chiuse in una mano d’argento.

Il vescovo era accompagnato dal Conte e dal “maestro di mercato”, poi i nobili ed i primi cittadini (da pochi anni è stato inserito nel programma della festa “Il corteo storico” che rievoca questa processione).

Verso la metà del ’700 il Remondini ci parla di nuove macchine chiamate “mai” o “gigli” adornate di fiori che avevano la forma di globi o piramidi o navi. E’ probabile che la competizione tra le diverse corporazioni che partecipavano alla processione avesse portato a questa evoluzione, forse suggerita dall’architetto e scenografo Ferdinando.

Oggi la festa dei Gigli è l’evento più atteso dal popolo della città di Nola.