La sede della Fondazione Festa dei Gigli, originariamente monastero di monache di clausura poi adattato a carcere mandamentale, è posizionata in un luogo di culto della kermesse, punto nevralgico del percorso dei gigli in cui i nolani accorrono pronti a cogliere l’attimo di felicità nell’assistere all’omonima girata che discende proprio dall’edificio sede della Fondazione.
Infatti le ipotesi storiche sull’origine della “girata carceri” seguono due filoni: uno secondo il quale il percorso sarebbe stato articolato in funzione delle istituzioni religiose presenti in città nel passato, da cui la presenza del monastero avrebbe fissato la tradizione della processione dei gigli in quel luogo, l’altro, di natura popolare, che la ascriverebbe al coinvolgimento dei detenuti dell’ex carcere alla festa del Santo Paolino. Entrambe le ipotesi comunque confermano la commistione di significati storici, religiosi, sociali, psicologici che stringono in un legame indissolubile il giglio con il suo percorso storico fatto di strade, di vicoli, di palazzi, di chiese ma anche di persone.
Nell’immaginario collettivo il fabbricato è ricordato dal popolo nolano quasi esclusivamente per la funzione assolta negli ultimi due secoli come carcere mandamentale. In vero esso costituiva parte del più vasto Monastero di Santo Spirito, fondato nel XV secolo da una ricca vecchietta, dimorato da monache francescane di clausura.
Il monastero, la cui estensione giungeva sino al palazzo dei Vivenzio, sull’insula del Salvatore, si presentava a pianta rettangolare con corte centrale, con un porticato perimetrale ed con un vasto giardino delimitato a sud dalla cinta muraria della città. Esso si sviluppava su tre livelli di cui l’ultimo di copertura. Al primo livello erano posizionati: la chiesa con il campanile, la sacrestia, il parlatorio, il refettorio; al livello superiore: i tre dormitori ripartiti in celle.
All’indomani della soppressione, avvenuta il 6 luglio 1811 a seguito dei decreti del Murat del 1810, lo stabile fu acquistato per 1162,50 ducati da uno degli agenti demaniali che si occuparono della soppressione stessa, Francesco Monteforte, che lo destinò a diversi usi.
Egli trasformò la casa conventuale in appartamenti di residenza, in teatro (Teatro Santo Spirito successivamente denominato Bellini – 1813), in Giudicato di Pace e di Istruzione (1836) e cedette ai comuni del mandamento, per la realizzazione del carcere, la parte corrispondente alla chiesa, sagrestia e parlatorio (1836).
Le trasformazioni realizzate dal Monteforte non sempre sono state documentate. Numerose aggiunte e modifiche architettoniche nel corso dei secoli e anche prima di divenire carcere, i recenti danni derivati dal sisma degli anni ’80 hanno alterato notevolmente la struttura originaria.
In particolare l’ex carcere, dismesso nel gennaio del 1969, per decenni ha versato in stato di abbandono.
Nel 2007, grazie a fondi europei e comunali, hanno avuto inizio i lavori di restauro architettonico del monumento. L’obiettivo dell’intervento è stato quello di rispettare l’evoluzione storico–architettonica, con il fine di salvaguardare sia le parti che presentassero valore di arte, sia quelle che costituissero testimonianza storica, valutando, sulla base di un’attenta indagine storica e sulle informazioni ottenute dal monumento stesso, le diverse stratificazioni aggiunte e superfetazioni presenti con eliminazione delle sole strutture che costituissero il risultato materiale motivato dal mero sfruttamento dell’edificio.
Le scelte progettuali, dunque, sono state volte al rispetto ed alla conservazione e al restauro degli elementi tipici delle funzioni dell’ex monastero e dell’ex carcere rendendo fruibili le parti appartenenti alle diverse epoche senza preferire le une alle altre.
Nel corso dei lavori non sono mancate sorprese. In particolare un medaglione di stucco, presente in un ambiente ammezzato della struttura, conteneva un bellissimo affresco della Madonna in Trono con Gesù Bambino, datato 1400, nascosto per secoli da una patina di polvere e riportato alla luce con una certosina opera di restauro, oggi conservato presso il museo archeologico di Nola. Analogamente su di un infisso in legno presente nella navata della chiesa è stata rinvenuta una scritta di un detenuto, testimonianza della vita carceraria nel 1892, mentre in un angolo buio, sotto cumuli di calcinacci, sono stati rinvenuti alcuni libroni in cui venivano registrati i detenuti in ingresso e quelli in uscita, anch’essi recuperati sotto l’egida della soprintendenza archivistica. Molte altre testimonianze di storia, arte e architettura sono state riscoperte e valorizzate nel monumento.
La vita del monumento è strettamente connessa alla destinazione d’uso ad esso attribuita. Infatti la convenienza della utilizzazione dei monumenti per fini utili alla società costituisce uno dei principi della disciplina del restauro. In linea con tale orientamento si è del parere che la destinazione a sede della Fondazione Festa dei Gigli rappresenti la funzione che meglio si contestualizza al sito e la rinascita per un edificio così importante nella storia della città.